Alle origini della radio
Nel riandare alle origini della radio, non voglio tediare il
lettore ripetendo la storia di Guglielmo Marconi, una grande gloria nazionale,
le cui vicende sono state raccontate innumerevoli volte e che tutti in Italia
conoscono come l’inventore della radio[1].
Al navigatore, che volesse eventualmente “ripassare la lezione su Marconi”
suggerisco di collegarsi all’ottimo sito della Fondazione Marconi, (www.fgm.it). Voglio però qui ricordare le date di
due avvenimenti che lo videro protagonista, perché agli inizi del ‘900 questi
eventi furono le prime dimostrazioni delle straordinarie potenzialità di questa
nuova tecnologia che nel giro di pochi anni avrebbe rivoluzionato il modo di
comunicare, rendendo noi tutti in grado di partecipare agli eventi seri e
leggeri, di un mondo divenuto improvvisamente più piccolo. Si tratta del:
-
19-20 luglio1898, quando a Kingstown (Irlanda), Marconi
realizzò il primo “servizio giornalistico radiotelegrafico” in occasione delle
regate veliche del Royal Yacht Club;
-
12 dicembre 1901, quando Marconi lanciò i primi segnali radio
attraverso l’Atlantico.
Questi due eventi, per quanto caratterizzino gli esordi della radio
come mezzo di informazione planetario, appartengono comunque ad una prima fase
del suo sviluppo (in effetti non si parlava ancora di radio[2],
ma di telegrafia senza fili) che se non fosse stata abbastanza presto superata
non avrebbero fatto uscire questa invenzione da un ristretto ambito di
specialisti. Infatti, come era già successo nel caso del telegrafo e del
telefono, fu solo quando la radio divenne capace di trasmettere voce e suoni
che questa tecnologia si trasformò in qualcosa di potenzialmente a disposizione
di tutti. Tale cambiamento richiese lo sviluppo di una modalità diversa di
generare e ricevere segnali, rispetto a quella inizialmente usata da Marconi,
che era adatta solamente per i segnali impulsivi, del tipo di quelli
telegrafici in codice Morse[3].
La svolta avvenne principalmente con l’invenzione delle “valvole termoioniche”,
il diodo di Fleming ed il triodo di De Forest. Grazie a queste invenzioni, ed
ai progressi ottenuti in una quindicina d’anni, dal 1905 al 1920, la radio ebbe
i mezzi tecnici per diventare un fenomeno di massa.
Fleming[4], fu
uno dei principali consulenti inglesi di Marconi e fu dal suo coinvolgimento
diretto nella telegrafia senza fili che nacque in lui l’idea di utilizzare come
rivelatori di onde elettromagnetiche i dispositivi (diodi) basati
sull’effetto Edison, o termoionico, che egli aveva a lungo studiato negli anni
precedenti (senza immaginarne un utilizzo pratico). Egli ebbe modo di
sperimentarne la grande sensibilità come ricevitori[5],
nella stessa stazione di Poldhu, in Cornovaglia, sede degli esperimenti
intercontinentali di Marconi, che nei suoi apparecchi riceventi usava invece i coherer[6],
dispositivi efficaci, ma di assai più scarsa sensibilità. Nel novembre del
1904 Fleming ottenne anche un brevetto per la sua valvola, o diodo,
termoionico.
De Forest[7],
dopo vari tentativi, nell’autunno del 1906 concepì una variante del diodo di
Fleming, che chiamò Audion e che fu il capostipite di tutte le valvole
termoioniche usate nei successivi 50 anni (il brevetto di questo dispositivo
fu registrato nel 1907). In realtà, il primo Audion di De Forest era un
congegno poco efficace ed affidabile, ed anche costoso, ma conteneva un
miglioramento fondamentale rispetto al diodo di Fleming, l’introduzione di un
ulteriore elettrodo, la griglia, interposta fra il catodo caldo e l’anodo. Con
questo elettrodo, che permetteva di controllare facilmente l’intensità della
corrente che fluiva fra catodo e anodo, la valvola termoionica si trasformava
da un semplice dispositivo di raddrizzamento ad un dispositivo di
amplificazione, molto più efficace del coherer. A causa delle sue
imperfezioni, l’Audion fu inizialmente poco usato nella pratica della
telegrafia senza fili, ma l’idea di De Forest ebbe molta fortuna nel mondo
della telefonia, dove vennero sviluppati gli amplificatori di linea, basati
sulle valvole termoioniche[8],
che consentirono di realizzare i primi collegamenti telefonici
transcontinentali. Lo sviluppo delle valvole, fu dunque inizialmente favorito
dalle esigenze delle reti telefoniche, ma ritornò presto a vantaggio anche
della radio. I primi trasmettitori a valvole[9],
che cominciarono a comparire verso il 1914, costituirono un notevole passo in
avanti, in termini di efficacia, semplicità e costo, rispetto a quanto prima veniva
usato. Tra il 1914 ed il 1920 avvennero anche una serie di notevoli progressi
non solo nel campo dei componenti fondamentali, ma anche dei circuiti
elettronici , con lo sviluppo/perfezionamento dei circuiti oscillanti di
ricezione e trasmissione, dei concetti di modulazione di ampiezza, eterodina,
supereterodina, ecc. Questi progressi ebbero un notevole impulso dalle vicende
della prima guerra mondiale, durante la quale non solo furono sviluppate
numerose applicazioni per le comunicazioni militari, comprese quelle dirette
con gli aeroplani, ma vennero anche addestrate migliaia di persone all’uso di
apparecchi radio e furono fatti anche vari esperimenti di trasmissioni di
propaganda e di intrattenimento per le truppe.
In sostanza, si può dire che dopo la fine della prima guerra
mondiale esistevano ormai tutti gli elementi perché avesse inizio una nuova
fase dello sviluppo della radio, quella delle regolari trasmissioni di notizie,
musica, pubblicità e spettacoli, fruibili da un vasto pubblico: stava per nascere
quello che il mondo anglosassone chiamò broadcasting[10],
e che da questo mondo si diffuse rapidamente a tutto l’Occidente.
A questo proposito, voglio ricordare, facendo un veloce
passo indietro, che Lee De Forest anche in questo campo fu un precursore;
infatti nel gennaio del 1910 egli effettuò, dal teatro Metropolitan di New
York, la prima trasmissione radio dal vivo di un’opera lirica e nella primavera
del 1916 iniziò delle regolari trasmissioni notturne di musica, da
registrazioni fonografiche, dalla sua stazione radio denominata 2XG, nei
dintorni di New York[11];
da qui trasmise anche i risultati delle elezioni presidenziali del 1916, prima
che venissero pubblicati. Queste iniziative di De Forest, in buona parte
premature per lo stato della tecnologia della radio di quegli anni[12],
lo erano anche dal punto di vista del pubblico che non era ancora preparato
alla loro fruizione, ma che si stava comunque abituando ai mezzi di
intrattenimento di massa, quali il fonografo, il cinema e la stampa popolare[13].
Dunque anche da questo punto di vista De Forest fu un innovatore, concependo la
possibilità di offrire con la radio un servizio completamente nuovo, per una
clientela completamente diversa, in alternativa ad altri, quali Marconi, che si
ponevano nell’ottica di sostituire una tecnologia già esistente, quella del
telegrafo, e si rivolgevano prevalentemente a clienti istituzionali (forze
armate, poste, ecc).
Nonostante ciò, non fu De Forest, ma furono poi altri ad
inaugurare per primi[14]
iniziative stabili di radiodiffusione e la prima radio commerciale entrata in
servizio regolare negli Stati Uniti fu, il 2 novembre del 1920, l’emittente
KDKA (trasmetteva a 360 m, 830 kHz), organizzata dalla potente società
elettrica Westinghouse ampliando il lavoro che un suo dipendente, Frank
Conrad, aveva iniziato come radioamatore. Contemporaneamente la Westinghouse
iniziò un poderoso sforzo commerciale per vendere gli apparecchi radio
riceventi di sua produzione[15].
Nel giro di un anno e mezzo scoppiò un vero e proprio “boom”, che a partire dal
nucleo più recettivo, quello dei radioamatori e delle loro famiglie, coinvolse
rapidamente vasti strati della popolazione americana, raggiungendo un apice
nella primavera del 1922, quando la grande stampa e lo stesso governo americano
cominciarono a “cavalcare” il fenomeno, dando un ulteriore impulso alla sua
diffusione. L’iniziativa della Westinghouse bruciò sul tempo i progetti di
un’altra società, la RCA (Radio Corporation of America, nata nel
1919), che sarebbe presto diventata uno dei colossi del broadcasting
americano, sotto la guida di un abile manager, David Sarnoff, che aveva intuito
le grandi potenzialità della radio già quando lavorava come operatore della
American Marconi (ma i suoi capi non avevano preso in considerazione le sue
proposte). In effetti uno degli episodi che molti storici ricordano, come uno
dei più significativi segnali dell’inizio del boom della radio, ebbe come
protagonista la emittente WJY della RCA che il 2 luglio del 1921 trasmise in
diretta la cronaca dell’incontro di pugilato Dempsy-Carpenter, un evento che fu
seguito da trecentomila persone.
In Europa, fra le prime emittenti ad iniziare, ancora nel
1919, un servizio di trasmissioni dilettantesche, ma stabili, fu la stazione
radio dell’Aia (Olanda) i cui concerti di musica sinfonica venivano ricevuti
anche dagli appassionati inglesi e tedeschi, che si cimentavano con gli incerti
funzionamenti delle loro radio a galena.
Ma il paese che fece realmente da battistrada allo sviluppo
della radio di intrattenimento in Europa, fu l’Inghilterra, dove nell’ottobre
del 1922 nacque la BBC (British Broadcasting Corporation)[16].
A differenza di quanto avvenne in America, dove assieme alla progressiva
affermazione di alcune grandi società private, ma di respiro nazionale, la NBC
(National Broadcasting Company), la CBS (Columbia Broadcasting
Company) e la ABC (American Broadcasting Company), convissero una
grande quantità di piccole emittenti locali, la BBC nacque sotto l’egida dello
Stato, che tramite il Post Office (l’ente pubblico delle poste e
telecomunicazioni) favorì la nascita di un consorzio monopolistico di tutte le
aziende inglesi del settore. La BBC poté fin dall’inizio contare, per la sua
attività, su di un canone di abbonamento e su una percentuale garantita sulla
vendita degli apparecchi radio. Non dovette quindi dipendere per la sua
esistenza dai proventi di attività commerciali e pubblicitarie (come avvenne
per le società americane), e per questo motivo si costruì rapidamente la fama
di un servizio di alta qualità ed imparzialità.
La radio a Milano: industria, informazione e spettacolo
L’idea che il servizio radiofonico dovesse essere fornito da
enti o società controllate dallo Stato, fu quella che trovò la prevalente
affermazione nei paesi europei. Anche in Italia, dove lo Stato si era riservato
con un decreto del 1923 la facoltà di affidare in concessione ”l’impianto e
l’esercizio di comunicazioni per mezzo di onde elettromagnetiche” prevalse il
modello dell’ente a partecipazione statale, con la nascita, verso la fine del
1927, della EIAR, Ente Italiano Audizioni Radiofoniche.
L’avventura della radio italiana, era però iniziata qualche
anno prima con la fondazione a Roma della URI, Unione Radiofonica
Italiana, nata come consorzio delle due maggiori imprese operanti nel settore:
la Radiofono di Marconi,e la SIRAC (Società Italiana Radio Audizioni Circolari)
fondata per favorire la vendita degli apparecchi prodotti dalla Western
Electric[17]
.
La URI, che ebbe dallo Stato la concessione in esclusiva per
le trasmissioni radiofoniche su tutto il territorio nazionale, iniziò le sue
trasmissioni da Roma, il 6 ottobre 1924, dalla stazione di San
Filippo.
A Milano, già dal 1923 era attivo il “Gruppo Radiotecnico
Milanese”, fondato dall’ingegner Eugenio Gnesutta (uno dei pionieri della radio
italiana) che ebbe i primi permessi di trasmissione dal Ministero delle poste. Nello stesso anno Gnesutta ed altri fondarono inoltre la ADRI (Associazione
Dilettanti Radiotecnici Italiani) ed il radioamatore milanese Donner Flori
iniziò delle trasmissioni con una certa regolarità dalla sua piccola stazione
sperimentale. Nacquero anche due periodici che si occupavano di radio, il
“Radio Giornale” di Ernesto Montù e l’anno dopo la “Radio per tutti”, rivista
quindicinale edita da Sonzogno. Fu da questo mondo che vennero molte pressioni
sulla URI perché fosse realizzata anche nella nostra città una stazione
trasmittente, che nel giro di un paio d’anni fu poi effettivamente installata,
nella sede milanese della URI, in Corso Italia n. 23; si trattava di una
apparecchiatura Western Electric da 1,5 kW di potenza, che lavorava sulla
lunghezza d’onda di 320 metri, e che iniziò le trasmissioni il 28 dicembre
1925[18].
La URI poteva contare per il suo sostentamento su di un
canone di abbonamento, ma anche sui proventi raccolti attraverso ”comunicati
commerciali”. Che la raccolta pubblicitaria fosse a subito giudicata assai
importante è dimostrato dal fatto che già nel 1926 venne fondata una apposita
società, la SIPRA (Società Italiana Pubblicità Radiofonica), che
aveva sede proprio a Milano (tre anni dopo, nell’autunno del 1929, il pacchetto
azionario di maggioranza di questa società fu acquistato dalla SIP, Società
Idroelettrica Piemontese, che era entrata anche nel settore radiofonico).
Gli apparecchi radio di allora erano piuttosto costosi ed
anche il canone annuo, novanta lire, era alla portata di pochi (e comunque
erano numerose le evasioni). Così gli abbonati dei primi anni non erano molti,
e il loro numero crebbe abbastanza lentamente[19].
Il prezzo degli apparecchi non diminuì molto negli anni successivi, quantunque
Milano, dove l’industria elettrotecnica e telefonica era molto attiva,
divenisse rapidamente un importante polo di produzione anche di apparecchiature
radiofoniche, tanto che nel 1929 una delle maggiori industrie elettrotecniche
milanesi, la Magneti Marelli, riconvertì una parte dei suoi stabilimenti alla
produzione di radio, conquistando rapidamente l’80% del mercato italiano. A
Milano, oltre alla Marelli, si insediarono anche altre società che avevano
capacità progettali proprie e producevano apparecchi radio: la SITI, la Perego
(attiva anche nel capo delle telefonia), la Allochio-Bacchini, la ing.
Ramazzotti e la SAFAR (Società Anonima Fabbricazione Apparecchi Radio).
Un breve accenno al fatto che gli apparecchi radio delle
prima metà degli anni ’20 erano in genere caratterizzati da un altoparlante a
tromba, tipo quello del fonografo, e da vistose antenne. La loro alimentazione
avveniva con batterie di varie tensioni, e la loro manovra non era del tutto
banale; dalle illustrazioni del tempo si ricava quindi l‘impressione che essa
richiedesse una certa abilità tecnica, e che fosse in genere riservata all’
“uomo di casa”.
La forma di apparecchio radio che ci è forse più familiare,
con l’altoparlante nascosto in un mobiletto di legno più o meno elegante,
divenne comune verso la fine degli anni ’20, dopo l’invenzione degli
altoparlanti a bobina mobile e membrana di carta (quelli tutt’oggi in uso), che
avevano una resa in frequenza molto migliore ed producevano un suono meno
gracchiante, più vicino alla realtà.
Nelle trasmissioni dell’URI prevaleva la musica, c’era
qualche notiziario, e non mancava, trasmesso proprio da Milano, un “Cantuccio
dei bambini”. C’erano poi le previsioni del tempo, il segnale orario ed i primi
collegamenti dai teatri di prosa o lirici. A proposito dei notiziari radio è
interessante ricordare che agli inizi la URI era autorizzata, per volontà del
governo, a trasmettere solamente le notizie che riceveva dalla “Agenzia
Giornalistica Stefani”, che in seguito sarebbe diventata l’Agenzia ANSA.
Iniziarono anche le trasmissioni sportive, e proprio da
Milano, nel giugno del 1927 fu trasmessa la prima radiocronaca sportiva
italiana: il Gran Premio Milano di galoppo, dall’ippodromo di San Siro. Inoltre
dal 1925 gli abbonati ebbero a loro disposizione un bollettino stampato, il
“Radio Orario”, divenuto “Radiocorriere” nel 1930, che li informava delle
trasmissioni italiane e di quelle delle principali radio straniere.
Con la nascita delle EIAR a Milano venne realizzato, nel
1928, un nuovo auditorium da 300 posti in corso Italia, e nacque l’orchestra di
45 elementi diretta dal maestro Riccardo Santarelli, divenuta una orchestra
stabile di 60 elementi nel 1930. Nel frattempo, fra il ’28 e il ’29 a livello
nazionale iniziarono le trasmissioni da altri sedi, Bolzano, Genova, Torino e
dalla sede rinnovata di Napoli.
Milano e Roma si contesero i primati degli eventi più
significativi. Da Roma venne per esempio trasmessa la prima telecronaca di
una partita internazionale di calcio, Italia-Ungheria, il 2 marzo 1928, mentre
da Milano furono messi in onda vari esperimenti sonori, dal concerto di suoni
di Luigi Russo, per “rumorarmonio” (uno strumento di sua invenzione) e
pianoforte, alle prime radiocommedie e commedie musicali, la prima delle quali
in assoluto fu “Stornellata sui tetti”, di Guido Barbarisi, trasmessa da Radio
Milano nel 1929. Nel 1930 il notiziario radiofonico, che si era fino allora
chiamato “Giornale Parlato”, cambiò il nome in “Giornale Radio”.
I miglioramenti tecnici intanto erano continui: alla fine
del 1929 le stazioni di Milano e Torino vennero collegate via cavo, a Torino fu
fondato nel 1930 il laboratorio di ricerca della EIAR, e nel 1931 iniziarono le
trasmissioni in onde corte per il Nord America.
Un po’ alla volta la EIAR aumentò l’offerta di programmi sia
grazie all’apertura di nuove stazioni trasmittenti, sia grazie al sostegno di
importanti aziende, che iniziarono a fare da “sponsor” a fortunate
trasmissioni, che tutt’oggi si ricordano, quali la lunghissima serie de “I
quattro moschettieri” patrocinata della Perugina ed i concerti della
Martini&Rossi. La radio ampliò inoltre il suo sostegno a diverse orchestre,
sia di musica classica che leggera, e continuò ad offrire la cronaca di
importanti manifestazioni sportive, quali l’arrivo del Giro d’Italia di
ciclismo del 1932, all’Arena di Milano.
Nel 1933 iniziò le trasmissioni la stazione di Milano II e
nel 1938 quella di Milano III. Riassumendo brevemente la situazione degli impianti, nel
1938 a Milano esistevano tre stazioni trasmittenti ad onde medie: una della
potenza di 7 kW che era stata installata all’inizio del 1928, una da 50 kW,
inaugurata nell’ottobre del 1932, e l’ultima da 1 kW, che era entrata in
servizio nell’aprile del 1938.
Nel 1939 gli abbonati italiani avevano raggiunto il milione
duecentomila. La EIAR aveva assunto un importante ruolo di “cinghia di
trasmissione” del regime, anche tramite iniziative che favorirono la produzione
di apparecchi a basso costo (i famosi apparecchi Balilla e Rurale) e premiavano chi si faceva promotore del suo ascolto, non solo nelle grandi città,
ma anche nei luoghi più periferici (si veda ad esempio il diploma di “pioniere” della EIAR qui riprodotto).
La radio trasmetteva e diffondeva ormai tutti gli eventi
importanti del paese. Fu così che il 2 marzo del 1940 molti milanesi, come tanti
altri italiani, poterono ascoltare la prima benedizione del papa Pio XII per la
quale era concessa l’indulgenza anche ai radioascoltatori[20];
ma il 10 giugno ascoltarono anche il tragico annuncio dell’entrata in guerra
dell’Italia, dato da Mussolini dal palazzo Venezia di Roma.
Che la radio avesse in ogni caso raggiunto un buon andamento
aziendale fu sicuramente uno dei motivi per decidere di iniziare la
realizzazione del nuovo centro di produzione di Milano. Il grande palazzo a
questo destinato fu progettato dall’architetto Giò Ponti con l’ing. Nino
Bertolaia, e le sue strutture murarie fondamentali furono realizzate fra il ’40
ed il ’43, in un’area all’incrocio fra corso Sempione e via Villasanta. Le
strutture furono però in parte danneggiate in un bombardamento del 1943, e poi
l’aggravarsi delle vicende belliche portò ad un blocco dei lavori.
Nel corso della guerra molti impianti di trasmissione furono
danneggiati, ma già nel periodo dell’occupazione alleata, il 6 ottobre 1944, un
primo segno di ripresa fu a Roma la trasformazione della EIAR in RAI (Radio
Audizioni Italiane), società formalmente privata, il cui capitale era per larga
parte controllato dalla SIP (Società Elettrica Piemontese), che a sua volta era
nell’orbita dell’IRI.
Dopo la Liberazione la ripresa delle trasmissioni da Milano
avvenne inizialmente in piena indipendenza da Roma, in quanto non era stato
ancora ripristinato il collegamento con la Capitale.
Le trasmissioni avvenivano dalla sede di corso Sempione 25,
dalla sede dell’ex-fascio rionale “Crespi”, dove si era insediata un nuovo
gruppo dirigenziale, espressione prevalente delle correnti di sinistra del
Comitato di liberazione nazionale.
Questa situazione durò fino alla fine del ’46 quando le due
reti radiofoniche denominate Rete Azzurra (emessa da Torino) e la Rete Rossa
(emessa da Roma) furono di nuovo coordinate dalla capitale, dove gli equilibri
politici erano piuttosto diversi da quelli milanesi. La situazione milanese
cambiò notevolmente dopo le elezioni dell’aprile ’48, quando ci fu un notevole
ricambio di dirigenti ed una normalizzazione in linea con i nuovi equilibri
politici azionali emersi dalle elezioni. In quell’anno fu emesso anche un
“codice” che dettava molte regole e vincoli soprattutto nel modo in cui la
radio doveva diffondere le informazioni.
Dal punto di vista degli impianti, la ripresa post bellica
fu abbastanza rapida, e nel 1949 la RAI aveva già ricostruito tutti gli
impianti distrutti dalla guerra. Nel 1948 gli abbonati italiani alla
radio erano ormai circa due milioni, di cui almeno un terzo nelle sola
Lombardia. La clientela quindi non mancava, e questo fu la base per un percorso
di ampliamento degli impianti e delle trasmissioni. Nel 1948 iniziarono per
esempio le trasmissioni in modulazione di frequenza[21],
diffuse dalla Torre del Parco, e nel 1950 fu varato il terzo programma.
Ma la tappa fondamentale per la radio milanese fu l’entrata in funzione il 12
aprile 1952 del nuovo centro di produzione di Corso Sempione, dotato di 23
studi radiofonici e di due studi televisivi, ed anche di un trasmettitore
televisivo, che in occasione della Fiera Campionaria di quell’anno effettuò
molte trasmissioni sperimentali, dalla grande torre metallica che fu
appositamente realizzata.
Il nuovo centro di produzione ebbe sede nel palazzo della
RAI, che come si è detto era stato iniziato nel 1940. Il palazzo fu, nel 1946,
parzialmente riparato dai danni della guerra, e fu poi completato nel periodo
1950-52. Dotato di sette piani fuori terra e di due interrati, era
organizzato suddividendo per piano le varie attività: televisione al piano
terreno e primo piano, primo e secondo piano per la musica, quarto e quinto
piano per la prosa, mentre i piani interrati erano riservati agli impianti
tecnologici e di servizio, ed all’ultimo piano erano situati gli
equipaggiamenti centralizzati dell’impianto di audio-frequenza.
Con l’inizio delle trasmissioni televisive (vedi pagina), nell’ aprile 1954 la RAI divenne Radiotelevisione Italiana, e il centro di produzione
di Milano acquistò una grande importanza come luogo di produzioni televisive,
subendo ripetuti e rilevanti ampliamenti. Una prima fase si concluse nel
1959-61, con la costruzione di un nuovo blocco di otto piani fuori terra e di
due interrati, progettato da Ponti, Fornaroli e Rosselli, ed una seconda fase venne realizzata negli anni 1962-65. Ormai
le esigenze televisive erano divenute prevalenti, ma Milano rimase anche un
importante centro di produzione radiofonica, grazie anche al permanere di una
rilevante produzione musicale, che poteva far conto su una orchestra sinfonica
e su di un coro stabili.
Intanto i progressi della tecnica facevano diventare gli
apparecchi radio degli oggetti sempre più piccoli e sempre meno costosi, non
più da conservare “religiosamente” nel salotto buono di casa, ma da portare in
giro ovunque: nel 1954 furono infatti commercializzate in America le prime
radioline a transistor, un prodotto con il quale sarebbero poi stati i
giapponesi ad invadere i mercati mondiali.
Per concludere questo rapido excursus sulle origini della
radio italiana e milanese, ricordo che nel 1958 iniziarono da Milano, Torino e
Roma le trasmissioni della filodiffusione, un riuscito connubio fra telefono e
radio, che eliminava molti dei problemi di interferenze e disturbi atmosferici,
spesso non completamente risolti nelle trasmissioni via etere, offrendo una
migliore larghezza di banda ed anche la stereofonia.
Non si può infine tralasciare almeno un fugace accenno alla
rivoluzione della emittenza radio che iniziò a metà degli anni ’70 con
l’affermarsi ed il diffondersi del travolgente fenomeno delle radio libere, una
delle prime delle quali, la Radio Milano International, fondata da Rino Borra e
soci (ora Radio 101), cominciò a trasmettere nel marzo del 1975[22]. Il 4 marzo 1976 è fondata ufficialmente Radio Meneghina, che già aveva avviato trasmissioni sperimentali dall'anno precedente.
Riferimenti
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televisione italiana, Carocci Editore, Roma, 2004
Campodall’Orto Sergio, Innovazione e sviluppo a Milano,
Abitare Segesta, Milano, 1996
Cisi Università di Torino, La radiotelefonia in Italia:
dalla SIRAC alla Rai, Torino, 2005
Susan J.
Douglas, Inventing American Broadcasting, 1899-1922, The Johns Hopkins University Press, Baltimore, 1987
Falciasecca Gabriele e Valotti Barbara, Guglielmo Marconi:
genio, storia e modernità, Editoriale Giorgio Mondadori, Milano, 2003
Ferrari Ada, Milano e la Rai, un incontro mancato?, Franco
Angeli, Milano, 2002
Ferrari Ada, Giusto Gaia, Milano città della Radiotelevisione
1945-1958, Franco Angeli, Milano, 2000
Mareddu Leonardo, La radio in casa, breve storia di un
oggetto meraviglioso: 1920-1960, Opuscolo on line, 2005
Pezza Gianluigi, Storia della radio, sviluppo storico
dell’invenzione della radio, Istituto di Pubblicismo, Roma, 2005
RAI Milano, Inaugurazione degli impianti realizzati nella
prima fase di ampliamento, Tipografia SAES, Milano, 1961
B. Scaramucci, C. Ferretti, RicordeRai, Edizioni ERI, Roma,
2004
Thrower
Keith, The Fleming Thermionic Diode and the Birth of Electronics, in
Transactions of the Newcomen Society, volume 75, n.2, London, 2005
Vedi anche:
www.radiomarconi.com
www.oecumene.radiovaticana.org
www.leradiodisophie.it
www.radiosegugio.it
www.raiway.rai.it
www.museoscienza.org
[1] Ricordo, ad
ogni buon conto, che i primi famosi esperimenti di Marconi nella paterna villa
Griffone, sulle colline bolognesi, risalgono al 1895-96. Marconi fu il primo
che riuscì a dare uno sbocco pratico alla scoperta delle onde elettromagnetiche
che era stata fatta nel 1887 dal fisico tedesco Heinrich Hertz.
[2] Non è noto
chi abbia usato per primo il termine radio; si tratta dell’abbreviazione dei
termini radiotelegrafia e radiotelefonia, entrati nell’uso comune attorno al
1910, sempre più in sostituzione della definizione inizialmente utilizzata di
telegrafia senza fili (wireless, in inglese). Il prefisso “radio” stava
in qualche modo a indicare che i segnali venivano “irradiati” in tutte le
direzioni, ed il termine abbreviato radio divenne universalmente usato dopo il
1920.
[3] Un
brevissimo accenno al fatto che varie altre tecnologie di trasmissione e
ricezione dei segnali radio furono sviluppate ed utilizzate in alternativa
alle tecniche usate da Marconi, per migliorare quanto si riusciva a fare con le
trasmittenti telegrafiche a scintilla, da lui inizialmente usata. Queste
tecniche precedettero ed in qualche modo prepararono il terreno all’utilizzo
delle valvole termoioniche. Tra le più efficaci ricordo i trasmettitori basati
su alternatori ad alta frequenza, inventati dallo svedese Alexanderson ed
ampiamente usati dal fisico canadese Reginald Fessenden; inoltre i trasmettitori
a scintilla rotante e ad arco. Nel campo dei rivelatori bisogna ricordare che
tra il 1898 e il 1902 Pupin e Fessenden avevano dimostrato la fattibilità di
rivelatori elettrolitici, mentre Marconi aveva brevettato nel 1902 il suo
rivelatore magnetico.
[4] Il fisico
inglese John Ambrose Fleming (1849-1945) fu dal 1879 professore di
elettrotecnica all’università di Londra. Dotato di notevoli capacità non solo
teoriche, ma anche di affronto pratico dei problemi, egli fu da subito in
contatto con la nascente tecnologia ed industria elettrica, e si trovò in una
posizione privilegiata per seguire i grandi progressi che l’elettrotecnica
compì nell’ultimo ventennio dell’800.
[5] Il diodo di
Fleming era in grado di raddrizzare le deboli correnti indotte in una antenna
dall’arrivo di impulsi radio; questo processo permetteva di generare una debole
corrente in grado di azionare un ricevitore telefonico o un galvanometro (che
non sarebbero invece stati in grado di seguire le rapide oscillazioni di un
impulso radio) e quindi di indicare l’arrivo di segnali di tipo telegrafico.
[6] Il coherer
era un dispositivo di ricezione delle onde radio inventato dal fisico inglese
Oliver Lodge, il quale aveva a sua volta sfruttato un’osservazione di Edouard
Blanly, pubblicata nel 1890, che i buoni conduttori di elettricità, se
sminuzzati finemente, acquisiscono una elevata resistenza elettrica. Riempiendo
un recipiente di vetro di limatura di ferro si otteneva un dispositivo che, a
riposo, aveva una elevata resistenza elettrica (quindi non faceva per esempio
passare la corrente fornita da una batteria), mentre quando veniva colpito da
onde elettromagnetiche diminuiva drasticamente la sua resistenza, facendo
passare le corrente. Lo si poteva così sfruttare come un ricevitore di onde elettromagnetiche,
molto più sensibili dei primi loop di filo che erano stati usati da Hertz per
dimostrare l’esistenza delle onde elettromagnetiche
[7] Lee De
Forest (1873-1961) era un ingegnere americano, che dopo essersi laureato nel
1899 a Yale con una tesi sulla telegrafia senza fili, si dedicò con molta
passione a cercare una alternativa ai coherer. Le sue attività,
invenzioni ed iniziative imprenditoriali furono innumerevoli, e non è qui
possibile neanche solo elencarle.
[8] Il brevetto
dell’Audion fu acquistato nel 1914 dalla AT&T, il colosso americano
della telefonia. L’idea di De Forest fu perfezionata da Harold Arnold nei
laboratori di ricerca della Western Electric (una società controllata dalla
AT&T), e da Irving Langmuir in quelli della General Electric. Fu merito di
Arnold l’aver capito che il dispositivo funzionava meglio se nel bulbo
di vetro veniva fatto un vuoto spinto, mentre De Forest era sempre stato
convinto che era più conveniente mantenere all’interno un gas rarefatto, ma non
il vuoto.
[9] La scoperta
che le valvole tipo audion potevano essere utilizzate, oltre che per ricevere
anche per generare segnali radio, se inserite in un circuito di feed-back, fu
fatta nel 1912 da Edwin Armstrong, un giovane studente della Columbia
University; l’idea fu ripresa da De Forest che la brevettò nel 1914-15, dando
origine ad una controversia legale con Armstrong, che durò quasi vent’anni.
Armstrong sviluppò inoltre nel 1919 il concetto di supereterodina nei circuiti
di amplificazione e di sintonia, che sarebbe stato fondamentale per il
progresso tecnico degli apparecchi radio, e per renderne l’utilizzo facile e
alla portata di tutti.
[10] Questo
termine letteralmente significa “semina a spaglio”; nella terminologia
radiofonica italiana degli anni ’20-’30 si parlava invece di “radiodiffusione o
radioaudizioni circolari” ad indicare che la trasmissione avveniva in tutte le
direzioni, per distinguerla dalla radiotelegrafia che puntava invece spesso a
collegamenti da punto a punto, lineari, fra soggetti precisi, tipo una nave ed
una stazione di terra
[11] Le prime
idee di De Forest di effettuare trasmissioni broadcast risalgono al
1906-07. Egli non fu comunque il primo a trasmettere musica e voce umana. Già
nel dicembre del 1900 Reginald Fessenden aveva effettuato i primi esperimenti
riusciti di trasmissione di linguaggio articolato, e nel 1906 gli esperimenti
erano stati ripetuti, questa volta usando la tecnica di modulare l’ampiezza di
un trasmettitore basato su un alternatore ad alta frequenza (100.000 cicli),
trasmettendo musica e canto.
[12] Le
apparecchiature di trasmissione e ricezione erano ancora piuttosto rudimentali,
e la qualità dell’ascolto era di conseguenza scarsa, con le voci spesso coperte
dalle scariche elettriche a dai disturbi.
[13] Non è
possibile definirlo ancora un fenomeno di massa, ma molti commentatori sono
concordi nell’affermare che le migliaia di radioamatori che in America (qui
alcuni stimano che ce ne fossero 150.000, nel 1917), ed anche in Europa,
iniziarono a passare il loro tempo libero cercando di captare i segnali che
sempre più numerosi vagavano per l’etere, contribuirono notevolmente con la
loro attività a preparare il terreno ad una accettazione sociale della radio.
L’attività dei radioamatori crebbe notevolmente dopo il 1906, quando cominciarono
a diffondersi i ricevitori a cristallo. Risale addirittura al 1874 la scoperta,
da parte del fisico tedesco Braun (inventore del tubo a raggi catodici), delle
capacità di conduzione asimmetrica dei cristalli di diversi solfuri, in
particolare del solfuro di piombo, o galena, e quindi della possibilità di
usare questi cristalli come rivelatori. Scopritori delle capacità di alcuni
cristalli di captare e rettificare le onde radio (così come facevano i diodi di
Fleming), furono anche l’americano H.H.C. Dunwoody che scoprì le proprietà del
carburo di silicio (più noto come carborundum, e prodotto industrialmente come
materiale abrasivo) e G.W. Pickard, che scoprì quelle del silicio, un materiale
che, come è ben noto, qualche decennio dopo avrà un ruolo fondamentale nelle
telecomunicazioni. Tra i più usati in pratica furono i cristalli di
solfuro di piombo, o galena. Nei ricevitori di questo tipo il cristallo veniva
posto fra due contatti di rame, e l’abilità dell’operatore stava nel trovare la
più conveniente posizione e pressione sulla superficie del cristallo, in modo
da massimizzare il segnale captato. A questo scopo uno dei due contatti era
particolarmente sottile ed elastico, quasi un “baffo di gatto”. I segnali che
si ottenevano erano sempre piuttosto deboli ed andavano pertanto ascoltati in
cuffia.
[14] Non va
comunque dimenticato che già nel febbraio 1920, una stazione radio della
British Marconi, operante da Chelmsford, in Cornovaglia, aveva iniziato a
trasmettere un primo servizio radiofonico, con la temporanea autorizzazione del
Post Office britannico.
[15]
Westinghouse e General Electric erano le due aziende americane che durante il
primo conflitto mondiale avevano prodotto la maggior parte delle apparecchi
radio utilizzati dalle forze armate; l’apparato industriale americano si era
già quindi preparato alla produzione di massa, e stava anzi cercando le
occasioni di riutilizzare queste capacità produttive che avevano subito una
notevole crisi nel dopoguerra. Alla Westinghouse fu merito di Harry P. Davies,
uno dei più brillanti dirigenti della società, aver capito le grandi
potenzialità di questo nuovo mercato.
[16] Il primo
studio radiofonico della BBC fu a Savoy Hill, un palazzo nella zona dello
Strand, nel centro di Londra, usato sia da istituzioni mediche che come sede
della associazione degli ingegneri elettrotecnici inglesi.
[17] Prima della
nascita della URI, Guglielmo Marconi aveva tentato di ottenere, tramite una sua
società, la concessione statale italiana per le trasmissioni radio, ma non ci
era riuscito, nonostante la sua amicizia con Costanzo Ciano, Ministro delle
Comunicazioni. La concessione venne invece data alla Itala-Radio, una società
italo-tedesca, che però si dimostrò incapace di mantenere gli impegni presi col
governo italiano. Ricordo anche che prima della URI, la Radioaraldo, aveva
allestito una prima modesta trasmittente a Roma nel 1922-23.
[18] In attesa
dell’entrata in servizio della URI, per stimolare la sua lentezza burocratica,
Gnesutta ed altri, avevano iniziato, quasi per burla, nella primavera del 1925,
regolari trasmissioni serali da una emittente privata denominata “posto zero”;
dietro questa sigla mantennero peraltro l’incognito, per evitare grane con le
autorità.
[19] Il decollo
della radio in Italia fu piuttosto lento, per il prezzo elevato che gli
apparecchi mantennero per molti anni. Ancora alla fine degli anni ’20 una radio
costava circa 2.000 lire, e solo dopo il 1937 i prezzi scesero sotto le 1.000
lire.
Gli apparecchi più economici furono le radio “Rurale” e
“Balilla”, prodotte dalla Magneti Marelli.
Gli abbonati alla radio nel 1926 erano 26.000 in tutta
Italia, e nel 1928 attorno ai 62.000.
[20] Ricordo,
che nel febbraio del 1931, all’indomani dei Patti Lateranensi, aveva iniziato
le sue trasmissioni la Radio Vaticana, con una stazione costruita da Guglielmo
Marconi, per volontà di Pio XI. Due anni dopo la Radio Vaticana si dotò anche
di una stazione ad onde ultracorte. Nell’ottobre del 1957 fu poi inaugurato il
grande centro di trasmissione di Santa Maria di Galeria, fuori Roma, verso il
lago di Bracciano.
Per la cronaca, sembra che la prima trasmissione per radio
di una funzione religiosa, sia avvenuta da una chiesa protestante di Pittsburg
(USA), nel gennaio del 1921.
[21] La
modulazione di frequenza era stata inventata nel 1933 dall’ingegnere americano
Edwin Armstrong lo stesso che aveva inventato la supereterodina.
[22] Radio 101
cominciò a trasmettere tre ore nel pomeriggio, per poi arrivare nel giro di
poche settimane alle 24h non stop di trasmissione musicale.
La prima radio libera in assoluto fu Radio Parma che iniziò
le trasmissioni nel dicembre 1974. Dopo un periodo di anarchia la Corte
Costituzionale riconobbe nel luglio del 1976 la legittimità delle trasmissioni
private, purché a copertura locale.